Francesco Vernelli

comunicazione, web, marketing

Il nuoto mi salverà (o quantomeno mi farà buttare)

Devo ringraziare mia madre per una serie di cose (e temo che andando avanti con l’età mi accorgerò di altre), ma quella che mi è venuta in mente oggi riguarda la sua pervicace e insistente determinazione nel portare mio fratello e me in piscina fin da piccoli.

In piscina ho imparato a nuotare davvero, acquisendo la tecnica e la confidenza necessarie a navigare sempre in acque tranquille. Forse anche in senso metaforico, visto che il nuoto nel corso degli anni ha avuto sempre una sorta di funzione curativa: nuoto per rilassarmi, per mantenermi in forma, per trovare quella sensazione di sospensione e leggerezza che non c’è nella gravità della terra.

Ma non è questo quello che mi è venuto in mente oggi. Nella piscina in cui andavamo da piccoli, nella parte della vasca con il fondo più alto, c’erano due trampolini: uno elastico e l’altro rigido, in cemento. Quando avevi raggiunto una certa dimestichezza con l’arte natatoria l’insegnante ti proponeva, a fine lezione, di fare i tuffi. Divertente, eccitante ma non così immediato.

Specialmente all’inizio, il tuffo non l’ho mai fatto a cuor leggero: perché mentre camminavo sulla lastra affacciata sull’acqua, ad una altezza a cui di solito non ero abituato, per arrivare al limite e poi buttarmi, sentivo un misto di sensazioni spiazzanti. Pensavo: sarà divertente, ma devo stare attento; sembrerà di volare per un attimo ma poi come “atterro”? E se mi faccio male? E se cado di pancia? Insomma, volevo buttarmi con tutto il mio cuore e con quello stesso cuore avevo paura.

Che io ricordi non sono mai tornato indietro, non ho mai rinunciato al tuffo. Non credo che fosse una questione di coraggio quanto più di curiosità. E anche di piacere di quel piccolo brivido che, a guardar bene, rende le esperienze della vita più interessanti. 

A me capita nel lavoro, come in questo periodo peraltro, di avere voglia di andare a cercare di nuovo quel piccolo brivido, di provare l’inebriante sensazione di buttarmi senza avere la certezza che l’atterraggio sarà calmo e tranquillo; di sentire la forza dell’impatto con l’acqua e di immergermi completamente in qualcosa di nuovo. Credo che sia salutare anche se, per certi versi pericoloso. Ma penso anche che vada fatto e, non appena il desiderio di quel brivido si farà sentire appena un po’ di più, lo farò.

5 consigli per fare le presentazioni

Nell’era digitale la frase “fare le presentazioni” si arricchisce di un significato: se nella lingua comune significa presentarsi l’un l’altro, oggi vuol dire soprattutto preparare delle slide. Per cui chi fa le presentazioni non è l’ospite di una serata ma qualcuno che deve tenere uno speech, una conferenza, un seminario, un corso. E se per fare le presentazioni alla vecchia maniera servivano gentilezza e diplomazia, per quelle al pc che cosa serve?

Con un po’ di esperienza nel settore (tutto learning by doing) provo a mettere a fuoco quelli che secondo me sono aspetti fondamentali. Fare le presentazioni è innanzitutto un lavoro di strategia più che di distribuzione dei contenuti: bisogna fare attenzione a quel che si dice, a come lo si dice e alle reazioni che si vogliono suscitare (ricordo, stupore, memoria, meraviglia…). Ecco 5 consigli utili:

Utilizzare un software con cui si ha dimestichezza: per realizzare presentazioni efficaci imparate ad utilizzare un software con il quale potete muovervi bene. Non importa che sia all’ultima moda o che abbia effetti sconvolgenti: a vincere saranno sempre i contenuti e se questi sono orginali ed efficaci il prodotto finale può tranquillamente essere un PDF (anzi, spesso è il formato migliore per essere il più possibile condivisibili e utilizzabili su piattaforme oin line e sistemi di proiezione)

Le parole sono importanti, ma le immagini creano entusiasmo: trovate le parole giuste, siate sintetici, fate in modo che le frasi che utilizzate (mai piùdi tre o quattro per slide) siano studiate per avere l’effetto “on” sul cervello di chi vi ascolta. Utilizzare metafore semplici e legate alla vita quotidiana è un buon modo di catturare l’attenzione. Scegliete con cura le immagini: siate maniacali e, soprattutto originali nella scelta e nella combinazione con le parole (no, le prime immagini di Google non vanno bene). Nel mio ultimo libro ci sono suggerimenti importanti anche per questo

Tempo al tempo: quanto durerà la vostra presentazione? Calibrate il numero di slide nel tempo che vi è stato assegnato. Se ne farete troppo poche sembrerà che non avete argomenti o che siete poco preparati; se ne fate troppe darete l’impressione di aver saltato argomenti importanti. Una volta realizzate le slide provate a presentarle a qualcuno (specialmente le prime volte) e cronometratevi. Se vi piace parlare state stretti con il numero delle slide, se siete ansiosi aggiungetene qualcuna.

Curare l’audience: sembra una cosa banale ma ricordatevi che non state parlando a voi stessi. Sono ancora troppi gli speaker e relatori che si parlano addosso, che si compiacciono di quel che dicono, che non ascoltano il pubblico e il suo umore. Finite le slide pensate ad una presentazione che vi ha annoiato o che avete trovato poco efficace: se la vostra gli assomiglia troppo cambiate qualcosa (errori più frequenti: troppa roba scritta, immagini scadenti come clipart, nessun riferimento pratico o personale).

Seguire un percorso (bella storia): le cose che ascoltiamo più volentieri sono le storie (le favole insegnano). Create attraverso le slide una trama  e seguendo un vecchio consiglio utilizzate il copione che dice di: dire quello che direte, dirlo, dire quello che avete detto. In altre parole: anticipate un indice dei contenuti che esporrete, esponete i contenuti, fate un riassunto finale.

Dopo questi consigli se qualcuno volesse vedere qualche esempio pratico questo è il mio profilo su slideshare in cui ho raccolto le mie principali presentazioni (e se ci fate caso quelle più vecchie sono molto diverse da quelle più recenti). Se fate una presentazione dopo questi consigli, segnalatemela! Spero di poter assistere: sarà un piacere ascoltarvi!