One shot, la parola alle immagini

Non è da quando esiste il web che le parole e le immagini hanno un rapporto “sinergico”. Probabilmente il vantaggio delle parole è che hanno un codice più organizzato: per questo sono cresciute più “vicino” all’uomo che le ha addomesticate con più facilità e diffuse, quindi, con maggiore facilità (scusate la metafora). Non che le immagini non abbiano un loro codice (lo sanno bene grafici e fotografi oggi, pittori e decoratori un tempo) ma è meno diffuso (seppur, per certi versi più universale, o meno diversificato) e poi la possibilità di riprodurre immagini è nettamente più complicata di quella di riprodurre le parole. O, almeno, lo era. L’epoca digitale porta anche questo cambiamento: la possibilità per una moltitudine sempre maggiore di persone, di riprodurre, manipolare, comunicare attraverso le immagini.

Ora la questione è: quanto siamo in grado (e consapevoli) di utilizzare questa manipolazione per gli scopi che vogliamo raggiungere? E quanto siamo in grado di decodificare i messaggi delle immagini che vediamo manipolate da altri? Quanta parte della nostra comunicazione passa attraverso un mix di parole ed immagini? Questi secondo me gli aspetti da tener in considerazione nella scelta di dare parola alle immagini: la scelta dell’immagine; la gestione del mix tra parole e immagini; l’emozione (il messaggio) che si vuol comunicare. Sono tre aspetti cruciali che fanno il successo di uno spot, di un advertising, di una brochure, di un sito web e di qualunque altro elemento comunicativo (comprese le insegne della toilette).

Sul primo aspetto sarò banale: scegliere un’immagine originale paga sempre, ancor di più se l’immagine è realizzata da un professionista. Poi, se posso dare un consiglio, nella scelta del soggetto è sempre importante ragionare, come fosse un brainstorming, su più concetti simili che fanno capo ad uno stesso messaggio: la mia esperienza dice che così è più facile ottenere un risultato più interessante e originale. Sul secondo aspetto, su come mixare in modo ottimale parole ed immagini, consiglio a tutti di leggere l’interessante libro di Annamaria Testa, “Le vie del senso. Come dire cose opposte con le stesse parole“: la tesi di fondo è che il senso di una singola affermazione può essere modificato enne volte, e in modo anche radicale, grazie all’aggiunta di enne elementi di contesto (immagini e grafica, prima di tutto, ma non solo). Ne ho provato a spiegare alcuni aspetti, a modo mio, anche in queste slide.  Sulla terza questione, quella dell’emotività e della trasmissione del suo contenuto provo a dire la mia, pescando a piene mani da quella parte di me che vorrebbe essere un fotografo (amatoriale): se l’equilibrio tra parole ed immagini non è allineato con le nostre emozioni, se non siamo noi i primi a provare, almeno un po’, la sensazione che vorremmo trasmettere, sarà molto difficile che il tutto arrivi al destinatario.

Un ultimo elemento, in realtà quello da cui personalmente son partito per tutto questo ragionamento, è la velocità. La velocità con cui riusciamo ad elaborare parole ed immagini è molto diversa: molto più tempo per le prime, un attimo per le seconde. La velocità fa vincere il lato emotivo, perdere quello razionale (il focus della campagna promozionale di una nota marca tedesca di auto). La velocità ci stupisce e ci eccita, ma può ingannarci e deluderci. Le immagini giocano veloci, le parole più lente; le immagini ci toccano una sola volta (sono one-shot), le parole possono “lavorare i fianchi” (possiamo rileggerle, trovare significati diversi, farle nostre). Modulare bene un mix delle due cose è la strada per ottenere una comunicazione con risultati di sicuro effetto.

One shot