Questo ed alcuni altri post che trovate su questo blog sono il frutto di un lavoro di narrazione che ho realizzato per un’azienda di software.
Quella che sto per raccontare è forse l’esperienza lavorativa più bella che ho fatto quest’anno (almeno fino ad ora). Nel mondo del lavoro vi capita mai di incontrare persone sveglie, interessanti, per certi versi ammirevoli? E di pensare: “ma pensa che bello sarebbe poterci lavorare insieme”. Beh, a me è successo che quel pensiero è diventato realtà. Una realtà che si è presentata con una mail ad inizio estate, o poco più, in cui una di queste persone mi chiedeva una disponibilità a collaborare. La richiesta era talmente strana per la sua formulazione e così sui generis che mi ha… meravigliato!
Mi chiedevano di passare del tempo con loro (tre giorni) per guardare e poi raccontare cosa avrebbero fatto (“Il nostro percorso è decisamente non convenzionale e siamo convinti che per raccontarlo al meglio sia necessario viverlo, o almeno vederlo molto da vicino“); che non avevano tanto bisogno di un preventivo (“In questo momento non sarebbe possibile chiedere un preventivo preciso: per che cosa? Stiamo progettando l’azienda che nascerà, non possiamo ancora sapere cosa ci servirà di preciso“) ma di un’idea. Ma a voi, se una (anzi, due!) delle aziende che conoscete e stimate di più vi fa una richiesta del genere, come rispondete?
Per come generalmente funziono avrei potuto rispondere architettando un programma di attività, pianificando le azioni, strutturando una proposta di comunicazione complessa. E invece, in quelle righe il mio istinto (?) ha letto anche dell’altro. Che stavolta, anche se si trattava di una grande opportunità, dovevo giocarmela facendo precedere il cuore alla testa, utilizzare la creatività supportata da un po’ di esperienza (che vuol dire anche libri letti, film visti, vita vissuta e non solo curriculum professionale). Mi sono preso un week end e un foglio bianco in cui ho tracciato, come fosse lo schizzo di un’opera d’arte, quello che avrei fatto, quello che secondo me era la cosa più giusta da fare. Avrei raccontato il loro processo di creazione di una nuova azienda (o qualcosa di simile) come fosse un’opera d’arte, come nei libri di storia dell’arte, con le figure e le didascalie, con la rappresentazione del risultato ma la descrizione dell’intento dell’artista, con la tecnica e le mani ma anche il cuore e le idee. Perché secondo me quello che stavano facendo era davvero un’opera d’arte e io sarei stato il primo e inedito spettatore di questo processo creativo.
A Ideato e extrategy la mia proposta è piaciuta moltissimo (ma lo sapevo che loro, prima di essere programmatori, sono artisti) e da qui ai prossimi giorni sui loro blog e canali social potrete leggere la storia di questa creazione seguendo gli hashtag #ideato, #extrategy. E, nella mia speranza, capirne i motivi, vederne la tecnica e soprattutto sentirne la passione.