Questo ed alcuni altri post che trovate su questo blog sono il frutto di un lavoro di narrazione che ho realizzato per un’azienda di software.
“Abbiamo capito che la nostra impresa, per quanto ne potessimo essere affascinati, non poteva vivere da sola. Avevamo bisogno di darle gli strumenti per interagire con l’esterno in maniera efficace e interessante: noi vogliamo che la nostra sia un’impresa che instauri relazioni significative con tutti”.
Vi siete mai chiesti come mai le opere d’arte sono esposte in musei o spazi dedicati? No, non è solo per farle vedere perché per questo basterebbe una fotografia ben fatta e caricata su web. Il motivo vero è che le opere in mostra costruiscono una relazione con i visitatori che le guardano dal vivo. Chi è stato in un museo almeno una volta, di propria volontà (le gite scolastiche forzate non valgono), sa che questo è vero: per esempio la prima volta che vedi Guernica di Picasso non vorresti più andare via e dopo qualche tempo senti il desiderio di tornarci. La Gioconda di Leonardo, al Louvre, è la donna che riceve più visite in tutta la Francia (senza malizia). Le persone instaurano con queste opere un rapporto speciale, perché trovano che questo sia un modo per stare meglio.
Noi volevamo che il sistema di relazioni e contatti fossero ispirati a questo stesso tipo di attrazione e, al contempo, che le relazioni che abbiamo fossero anche per noi positive: proficue, allineate ai nostri valori, di reciproco scambio, culturalmente arricchenti. In una sola parola: “giuste”. Su questo abbiamo lavorato nel disegnare anche questo aspetto della nostra impresa.
Il nostro modo di gestire relazioni significative.
Anche in questo caso abbiamo lavorato su tre aspetti cardine su cui implementare le nostre attività: il portfolio management (che rappresenta il nostro modo di curare i clienti), il relationship garden (che rappresenta il nostro modo di curare le relazioni con gli altri), il growth engine (lo stile e il modo con il quale ci muoviamo all’interno delle relazioni).
Il metodo utilizzato è lo stesso delle altre aree: principi, processi e attori da cui nascono poi le dinamiche. Le dinamiche sono il modo in cui noi agiamo all’interno di quell’area.
Abbiamo individuato tre dinamiche all’interno dell’area portfolio management: abbiamo stabilito come irradiamo informazioni (cioè il modo in cui gestiamo le informazioni relative ai nostri contatti e ai nostri clienti), come validiamo i clienti (il processo attraverso passiamo dal primo contatto fino al primo contratto J) e il ranking clienti (che è il nostro modo di valutare il rapporto che abbiamo con loro). Nell’area growth engine abbiamo invece identificato come dinamiche il nostro modo di attrarre i clienti (come facciamo in modo che vogliano lavorare con noi, dalla conoscenza alla fidelizzazione), la definizione di che cosa fa un business developer (il nostro modo di intendere l’accounting) e infine come diventare punti di riferimento (perché nei lavori che facciamo non siamo semplici fornitori ma vogliamo essere un reale motore di evoluzione e miglioramento). Infine nell’area relationship garden abbiamo individuato una dinamica soltanto, che però secondo noi già nel suo titolo dice molte cose: abilitare TUTTI a curare le relazioni.
La cura delle relazioni, anche se non è core business, è la parte delle attività che aiuta le imprese a ottenere la maggior parte del risultato. Per questo motivo abbiamo deciso che anche una digital company come la nostra deve avere come impegno prioritario quello di muoversi con coerenza e intraprendenza all’interno del proprio ecosistema di relazioni con obiettivo di maturare quelle esistenti e farne nascere di nuove. Il nostro modello di attrazione è la Gioconda: troppo ambiziosi?
L’entusiasmo, la paura e la contentezza
Stiamo facendo un percorso di straordinario, nel senso letterale della parola. Quella che abbiamo messo in campo non è un’attività ordinaria: non lo è per le organizzazioni, non lo è per le persone, non lo è nemmeno per il contesto e il territorio in cui viviamo e lavoriamo. Quando ci riuniamo per discutere insieme quello che stiamo facendo, ci sediamo in cerchio in un’unica stanza, è il nostro modo di “fare riunione”: possiamo vederci tutti in faccia e se i nostri occhi scorrono facendo una panoramica tra tutti i volti, gli sguardi che incrocia parlano di entusiasmo ma anche di paura, di voglia di farcela ma anche di timore di non riuscire, di cose concrete su cui lavorare ma anche di fantasie poco afferrabili. Siamo in una terra di confine: da una parte vediamo la nostra storia e il nostro lavoro consolidato, dall’altra l’orizzonte di nuovi modi di interpretare e praticare quello che sappiamo fare. Non sarà un percorso facile, ma la cosa bella di tutto questo è che di tutto questo noi siamo assolutamente contenti.