“There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about“: il concetto pronunciato da Oscar Wilde è chiaro. O meglio, è sempre stato interpretato così: non importa come se ne parli, purché se ne parli. Di questo concetto ancora oggi, a mio parere, rimane vera una parte: se nessuno parla di noi o della nostra organizzazione probabilmente non è stato fatto un buon lavoro di comunicazione. Ma è ancora importante che siano in molti, per forza, a parlare del nostro brand (personale o commerciale che sia)? Non è forse più decisivo il contenuto di ciò che le persone dicono? Le risposte che si trovano in articoli, recensioni, blog e quant’altro crea informazione su questo tema portano tutte alla stessa meta: la reputation, un tema che anche in questo blog ho affrontato altre volte.
Ma la frase con cui ho iniziato questo post mi ha fatto riflettere anche su un altro concetto nel tentativo, spero non vano, di fornire una ulteriore chiave di lettura. A mio modo di vedere tutto quanto fa marketing, comunicazione, branding (per usare un termine odioso) su web può essere assimilato in qualche maniera alla musica: in entrambi i casi abbiamo a che fare con un pubblico, con degli strumenti e con delle percezioni. Nel caso della musica le percezioni vengono dalle note, in quello del web dall’umore, dal passaparola, dalla reputazione appunto (o dal sentiment, per utilizzare un altro termine poco sonoro appunto).
Da bravi musicisti del web, quindi, che si deve fare prima di salire sul palco? Perché è di questo che stiamo parlando, il web ed i social media sono il palco in cui si misura qualsiasi b(r)and. Primo step: affinare l’utilizzo degli strumenti. Nessuna band che si rispetti affiderebbe il proprio successo ad una chitarra scordata (l’improvvisazione non paga nemmeno online). Secondo step: che pubblico abbiamo e che cosa si aspetta da noi? Innanzitutto un pubblico bisogna averlo: costruirlo, coltivarlo, fare in modo che cresca (anche su web: non mi è mai piaciuta la conta di follower e fan, ma è chiaro che esiste una massa critica, diversa da contesto a contesto, su cui si possa contare). In secondo luogo se non siamo in empatia con chi aspetta la nostra esibizione difficilmente realizzeremo un evento imperdibile (ed ogni vendita, per esempio, deve essere un’opportunità imperdibile per i nostri clienti). Terzo step: suoniamo delle note che facciano applaudire il pubblico (ogni nostro prodotto e servizio deve essere pensato e creato affinché possa risvegliare una qualche emozione nei nostri clienti, magari piccola, magari inaspettata).
Può sembrare incredibile ma quello che un brand può fare per avere successo è della buona musica. Una nota marca di birra lo ha capito quando, forse in tempi non sospetti, già dichiarava: sounds good!