Cosa vuol dire fare impresa? Compiere un’impresa? Detto così vien subito da pensare ai mirabolanti viaggi di Ulisse e a tutte le imprese, appunto, epiche connesse. Richiama virtù, astuzia, coraggio, intraprendenza. Interessante che alcuni, se non tutti, questi termini sono, con una certa facilità, assimilabili anche a chi, di mestiere (?), fa l’imprenditore.
Il nostro ordinamento giuridico ha raccolto in parte questa caratterizzazione “sentimentale ed emotiva” dell’imprenditore; dalla lettura combinata dell’articolo 2247 (“con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”) e del 2082 (“è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”) del codice civile si evince che, per fare tutto questo, una certa dose di confidenza con la complessità l’imprenditore deve averla. E la complessità sta proprio in quell’attività economica al centro di entrambe le disposizioni: ad essere essenziali, e forse un po’ semplici, questo potrebbe significare, banalmente, fare in modo che che i ricavi superino i costi. Ma credo che non sia solo una questione di prendere le misure e dosare bene gli ingredienti: come quando si cucina, per fare un piatto mangiabile basta seguire la ricetta; per farne uno speciale (vendibile direi) bisogna avere stile ed una certa dose di creatività.
Chiunque si pone l’obiettivo di presentare i rudimenti per fare impresa parte sempre dal concetto che alla base ci deve essere un’idea; con delle caratteristiche ben precise: innovativa, possibile e che possa rispondere a certi bisogni del mercato. E sulla prima questione, l’originalità, ci si ferma spesso perché, pare, nel mondo di oggi è già stato inventato tutto e per la creatività non c’è più spazio. A dirci che non è proprio così, o quantomeno che ci sono strade diverse e praticabili, lo dicono alcuni giovani che hanno partecipato alla competizione di Junior Achievement con idee di business che nulla hanno da invidiare a quelle dei grandi. La competizione, oltre al valore educativo, insegna che creatività non è solo avere delle idee strabilianti e mai viste: per chi cucina un’impresa, e non solo, la creatività è un mix di fantasia e concretezza da saper usare con le giuste dosi. E, parafrasando il topolino del cartone Ratatouille, “tutti possono cucinare!”.