Per avere successo in un processo di selezione si può seguire l’AIDA. Non si tratta dell’opera lirica in quattro atti di Giuseppe Verdi, ma dell’acronimo proposta da Bernd Faas in alcuni suoi seminari di formazione sui temi del lavoro in ambito europeo. Perché oggi ormai, soprattutto per chi esce da un percorso formativo in giovane età, il terreno di confronto con altri candidati è anche quello della mobilità. Intesa come capacità di “abitare” contesti diversi. Una diversità che non è solo linguistica ma anche di abitudini, di modalità e tecniche, di stili, di cultura.
Ma con l’Aida di Verdi questa ha in comune i 4 atti, che sono:
A come attenzione: è quella del selezionatore che dobbiamo attirare; abbiamo poco tempo per farlo sia nella lettera di presentazione che nel colloquio. La prima impressione vis-à-vis si costruisce nei primi 30 secondi di un colloquio e nei primi 5 secondi di lettura. Fondamentale che sia improntata sull’interesse e sull’empatia per non dover far poi tutto il resto in salita.
I, come interesse: quello che le cose che raccontiamo devono suscitare, legato alle competenze che abbiamo, ai risultati raggiunti, alle esperienze fatte in altri contesti.
D, è il desiderio di chiamarci che alla fine dovrebbe avere il nsotro “ascoltatore” perché siamo stati coinvolgenti, perspicaci, affascinanti. Se questa volontà cresce in chi ci ascolta lo capiamo dalle domande che potrà farci,dalla richiesta di ulteriori particolari e specificazioni.
A, come azione! Se le fasi precedenti hanno avuto successo verremo chiamati e così finalmente, forse, potremo passare dalle parole ai fatti. Non sappiamo quanto sarà duraturo e sostanzioso il contratto ma da questo momento possiamo definirci dei collaboratori a tutti gli effetti del nostro interlocutore.
Che l’opera abbia inizio!