Vorrei parlare in questo post di come e quanto i social media possono influenzare le scelte di consumo degli individui. Lo farò prendendo in considerazione due “casi” di questo ultimo periodo. Ma prima di tutto la mia tesi. Credo che le organizzazioni, le aziende,  i soggetti che fanno promozione on line hanno in testa un obiettivo, legittimo, ma poco social: che il prodotto (o il servizio) piaccia al pubblico e che questo poi lo compri. Costi quel che costi. La mia tesi invece è che, come clienti, siamo influenzati in maniera differente in base ad una serie di parametri di natura diversa, legati non soltanto a quel preciso prodotto ma anche alla comunità a cui apparteniamo, ai legami e alle reti che costruiamo (o che crediamo di aver costruito), all’emotività di quel momento (che non necessariamente è costante) e, volendo, anche ad altro ancora. Sempre dal mio punto di vista sono tutti fattori connessi più che altro all’identità del soggetto che propone il prodotto/servizio e non questo stesso. Se potessi o dovessi dare un consiglio sarebbe quello di concentrarsi sulla costruzione di una propria identità (identità e non brand) che parte da valori fondamentali e, quasi, da meta-obiettivi. Una volta fatta la si può “utilizzare” (declinare) come la si vuole (commercialmente, digitalmente, ecc). Filosofia? Un po’, forse. Ma per riuscire a farmi capire meglio arriviamo ai casi pratici a cui accennavo.

Il primo riguarda il libro “Open”, l’autobiografia del tennista Andre Agassi. Per chi non lo sapesse, come ha raccontato ilPost, questo libro è uscito nel 2011 arrivando a vendere 15mila copie: secondo l’editore un numero onesto per essere l’autobiografia di un tennista americano venduta in Italia. Il fatto è che il libro è nella top ten dei più venduti ancora oggi, ad un anno e mezzo dal lancio. Di chi è la “colpa”? Ma, domanda secondo me più interessante: se foste stati gli addetti al marketing di questo libro come avreste raggiunto questo risultato se ve lo avessero posto come obiettivo? Con il senno del poi forse è più facile rispondere. Dietro la risposta ci sono tre identità forti (reputation) e con grandi capacità di coinvolgimento (engagement): Agassi (il protagonista), Jovanotti e Valentino Rossi (che su web hanno twittato il loro entusiasmo per la lettura di questo testo). Se avete letto il libro e conoscete gli altri personaggi vi accorgerete che ciò che li accomuna è una identità simile, fondata su valori simili (competizione, voglia di crescere, tensione al miglioramento, correttezza, concentrazione, passione, entusiasmo per elencarne alcuni). Per tornare a cose più concrete e meno filosofiche: che cosa è stato venduto? Il libro ma, soprattutto, uno stile di vita di un certo tipo che, probabilmente, è commercialmente più longevo di un libro.

Il secondo caso riguarda Parah. A detta di tutti la casa di moda ha fatto un autogol clamoroso nello scegliere come testimonial Nicole Minetti. Se avete dato un occhio ai commenti che ha ricevuto sulla propria pagina Facebook vedrete che i “fan” sono stati poco teneri nel giudicare in maniera nettamente negativa la scelta fatta. Non è un problema di qualità di costumi (chiaramente) e secondo me non è nemmeno questione di brand awareness in senso stretto. È stata “tradita” una identità che la casa di moda si era costruita nel tempo (ed immagino con pazienza e fatica) ed è stato fatto con l’intento (dichiarato esplicitamente da Parah) di stupire, colpire l’immaginario, creare attenzione. Ma il risultato, secondo me, sarà negativo in termini commerciali anche perché Parah l’attenzione dei suoi clienti ce l’aveva già; aveva solo bisogno di cercare un “socialtestimonial” in linea con i propri valori (e non necessariamente famoso secondo me).

L’identità che si porta nei social network non si improvvisa: ha radici lontane ed una storia che si costruisce giorno per giorno; è difficile improvvisarla oppure cambiarla con un colpo di scena. Ma se è coerente con i valori dei nostri clienti, se la si racconta bene, è la carta vincente di qualsiasi azione di social media marketing. In testa non bisogna avere soltanto le vendite (ci sono strumenti informatici e tecniche di e-commerce che possono fare molto meglio) ma anche l’idea di essere vicini ai propri clienti. Chi ci convince e persuade, come clienti, non è un personaggio (scandaloso o meno) ma qualcuno che consideriamo vicino. Qualcuno che (come dice Agassi proprio nel suo libro) ci ispira, facendoci agire e sentire meglio. Almeno questo, credo, è quanto accade nei social media.