Le organizzazioni cercano spesso la coerenza. Soprattutto quando fanno selezione dei migliori candidati. Certamente è utile avere una certa armonia all’interno della propria struttura: una serie di competenze in linea con gli obiettivi dell’azienda, uno stile che permetta una buona integrazione con gli altri, un’esperienza organizzativa nel settore che si consolida con quella individuale di ciascuno. Tutto giusto. Ma come spesso accade è forse utile anche chiedersi il perché e se c’è un vero bisogno di tanta coerenza. La mia idea è che se la coerenza è utile soltanto ad una gestione più controllata di tutto il sistema non è poi più così necessaria come un forse lo era un tempo: sia perché il controllo oggi è possibile con altri strumenti sia perché gli elementi discordanti a volte son quelli che facilitano l’innovazione, il cambiamento, lo sviluppo.
“Break the china” è la frase che mi ricordo con una certa lucidità detta da un mio docente di teoria delle organizzazioni all’università. Non ho mai verificato se fosse una sua invenzione o veramente un modo di dire della società americana, ma ad ogni modo la storia è questa: “china” è l’insieme di porcellane di origine orientale con le quali, almeno un tempo, il businessman arrivato decorava la propria abitazione; il simbolo del successo (come dire: adesso ho tutto, posso rilassarmi). L’invito a costui, per tornare a produrre con la stessa energia, era quello di rompere i vasi e le porcellane preziose per avere un motivo urgente, una spinta, una forte sollecitazione ad essere di nuovo rampante, “affamato”, dirompente. Insomma la voglia di fare ed il successo non si ottengono standosene comodamente seduti in poltrona. La metafora, raccontata agli studenti affinché non si adagiassero su eventuali allori, può essere valida anche per le organizzazioni oggi. “Abbiamo sempre fatto così” è la frase ripetuta da molti di coloro che poi non hanno avuto più nulla da fare; una sorta di anticamera del fallimento.
Credo che questo valga anche nel momento in cui le organizzazioni scelgono i propri collaboratori: costruire un team troppo omogeneo e coerente rischia di essere un disegno più adatto ad una macchina che ad un gruppo di persone. Così come in tutte le macchine esiste un elemento umano che fa la differenza (come insegna un noto cantautore italiano), così nelle organizzazioni credo sia importante un elemento discordante, qualcuno che non sia coerente, che non la pensi allo stesso modo, che possa portare un punto di vista diverso, che ha un’idea fuori dal contesto, che sia in grado di far allargare le vedute; una sorta di banchmarking del cambiamento. A different way of thinking.