Un gran bel posto dove lavorare

Esiste una classifica che si chiama Great Place to Work frutto di un contest in cui le aziende si sfidano per conquistare un posto in cima alla lista dei migliori ambienti in cui lavorare. Le parole più utilizzate nel descrivere i segreti per divenire uno dei posti più ambiti in cui lavorare sono: dialogo, trasparenza, attenzione, esigenze, fiducia, orgoglio, persone, crescere, equilibrio, sostenibilità. Sostanzialmente, da questa sorta di brainstorming, sembra che l’obiettivo sia quello di andare a lavorare e “sentirsi come a casa”.

In un libro di qualche tempo fa (era metà degli anni novanta) il sociologo Domenico de Masi sviluppava un concetto che mi colpì molto: l’ozio creativo. Pensato per leggere al meglio una società in cui lavoro, tempo libero, passioni personali e stile professionale si mischiano in continuazione è divenuto una chiave di lettura più ampia, anche all’interno della gestione delle risorse umane. Sembra che le aziende, qualche anno più tardi (il premio è alla sua undicesima edizione), lo abbiano fatto proprio: asili aziendali, servizi fuori dal core business offerti ai dipendenti, benefits personalizzati, sistemi di valutazione partecipati sono alcuni degli strumenti con cui le imprese cercano di coinvolgere il personale. Nel senso doppio del termine, sostantivo ed aggettivo. Il personale non è quindi solo l’insieme delle persone impiegate in un’organizzazione, ma anche qualcosa che ha a che fare con il giudizio, la valutazione, i gusti e le esigenze di ciascuno. L’azienda cerca di allacciare un dialogo personale, non collettivo.

Fine ultimo è un coinvolgimento che possa portare ad un maggiore efficienza generale, alla ricerca dell’eccellenza in tutti i settori, a favorire l’empowerment  personale e, da ultimo, ad una maggiore produttività. Questa nuova modalità di vedere il rapporto di lavoro in maniera più fluida (come fosse l’incontro di forze creative pronte a cooperare) deve anche portarsi dietro una maggiore responsabilizzazione dei singoli affinché possano essere pronti a siglare questo nuovo patto con la propria azienda, fissando obiettivi e limiti. Per passare dall’ufficio alla comunità non bastano soltanto un insieme di regole e best practices.