Il marchio è immagine, riconoscibilità, valore. In altre parole rende vendibile ciò che marchiamo. Sul valore del brand si fanno studi e ci sono consulenti che ne valutano efficacia e ne indicano la monetizzazione. Nella rincorsa tra i marchi a maggior valore i big player mondiali si sfidano per la scalata della classifica (nei mesi scorsi era Google che superava Walmart andando al primo posto; di questi giorni la notizia che Apple lo sopravanza).
Il marchio è una questione che riguarda anche i singoli? Probabilmente, considerato che ci sono ormai da qualche tempo specialisti che si occupano di quello che si chiama personal branding; anche in Italia dove, per esempio, c’è chi ne parla in maniera abbastanza approfondita (i blog Valoriprimilab e Marketing personale per esempio; oppure le recenti pubblicazioni de IlSole24Ore; ed infine un portale interamente dedicato al tema).
Ma come si costruisce un marchio personale? Su cosa si fonda e come può esserci utile? Il cardine è senz’altro la propria reputazione. Che ha un processo di costruzione che va dall’ascolto, dalle azioni e dalla coerenza per arrivare al riconoscimento, alla fiducia, al consenso. In altre parole è necessario essere capaci di ascoltare gli altri e il contesto che ci circonda, agire coerentemente con quanto abbiamo avuto modo di osservare ed infine raggiungere l’obiettivo di essere ri-conosciuti: come competenti per esempio, per apparire (ed essere) affidabili agli occhi dei nostri “clienti” che diffonderanno poi la nostra reputazione.
Così, forse, potremo creare il gradimento necessario a rendere vendibile il prodotto a cui teniamo maggiormente: noi stessi.