We know-how

L’onda lunga del paradigma “social” arriva anche in impresa. Le regole che la Weconomy riscrive per la gestione di impresa sono tutte all’insegna della collaborazione, della condivisione, della socializzazione. Sono spunti interessanti quelli che escono da un’analisi di questo tipo fatta dai manager del settore terziario (per avere qualche pillola si può ricercare l’hashtag #weconomyday su Twitter).

Non tutti rappresentano una novità assoluta: alcuni concetti si sono già visti all’interno delle imprese sociali e nel più ampio panorama del no-profit. Anche se la logica in questo caso è stata più quella di chi fa di necessità virtù: la diffusa e permanente scarsità di risorse (o la loro destinazione a fini altri che non quelli di lucro) ha fatto sì che i meccanismi di condivisione potessero fungere come strategia per lo sviluppo di queste organizzazioni.  Perché le imprese for-profit stanno per intraprendere questo cammino?

Una prima spiegazione potrebbe essere legata, appunto, alle risorse: sempre più difficile ottenere capitali ed ancora di più, spesso, raggiungere risultati finanziari ragguardevoli. Un’impresa ha continuo bisogno di fonti di finanziamento per continuare a creare valore; quando queste scarseggiano è necessario trovare fonti alternative (un po’ la stessa cosa che avviene nel campo delle energie). Un esempio in questo senso credo che possa essere rappresentato anche dai workers buy out (con 13 progetti in Italia attualmente attivi)

Un secondo tema è quello dei conflitti: la globalità spinge le imprese a confrontarsi in più mercati (geografici e quindi culturali); in questo senso già l’Impero Romano aveva introdotto la figura strategica  del socius nei territori di conquista. Laddove una guerra (vera o figurata) rappresenta un costo troppo alto per l’ottenimento del beneficio correlato è preferibile creare alleanze, condividere le risorse e, infine, mantenere la governance.

Ultimo, e forse più nobile, il tema del crowdsourcing: un’azienda che riesce a far dialogare tutti i suoi componenti in un contesto collaborativo e non più rigidamente gerarchico, condivide saperi (know-how), conoscenze e tecniche in maniera più fluida. Una strategia che potrebbe risultare l’unica ad essere vincente in futuro.