Rimanere soli: nessuno con cui comunicare, interagire, confrontarsi anche solo con uno sguardo. Una condizione che spaventa molti. Personalmente credo invece che i momenti di solitudine possano essere quelli di vera sublimazione della propria persona, del proprio spirito ed anche delle proprie competenze.
Ciascuno di noi, per definizione, è un soggetto singolo quindi, almeno in parte, solitario; ciascuno di noi costruisce buona parte della propria personalità ed identità in maniera autonoma scegliendo quali esperienze fare, che interazione avere con gli altri e l’ambiente circostante. Ci sono momenti in cui questo processo di crescita (in tutti i sensi) lo si verifica; la costruzione della propria identità (e della propria professionalità) passa anche attraverso momenti di confronto con se stessi. AI quali difficilmente si riesce a sfuggire. Anziché viverli con un certo senso di oppressione o frustrazione, il consiglio è quello di renderli veri e propri stadi di verifica della propria “forza”.
Ad ognuno di noi è capitato almeno una volta di sentirsi isolato, di pensare vagamente ad altro, di riflettere su una scelta fatta; capita in maniera imprevista e spesso ci coglie impreparati. Riuscire ad utilizzare in maniera costruttiva queste “divagazioni” diviene così più difficile. Mentre sarebbe importante ottimizzare questi momenti per trasformare quella che solitamente si chiama distrazione in concentrazione. Sarebbe importante farlo anche all’interno delle organizzazioni nelle quali si insegue la produttività dove, accanto al team-building e alla costruzione di un gruppo efficiente, potrebbe risultare utile (e proficuo) valorizzare anche momenti di singola soddisfazione.
Per farlo (o provarci) il primo consiglio è quello di non affidarsi al caso ma programmare: concedersi momenti di ascolto personale con tempi e modalità definiti. Il secondo consiglio è quello di rifuggire dal desiderio che da questo tipo di ascolto si possano trovare delle risposte a problemi e questioni in maniera diretta. La meditazione (o quel che le assomiglia) significa ascoltare il nostro profondo, che può fornirci delle idee. Come spiega David Lynch “le idee sono come i pesci: se vuoi prendere un pesce piccolo puoi restare nell’acqua bassa, se vuoi un pesce grosso devi scendere nel profondo“.